Rezension über:

Giustina Monti (ed.): Alexander the Great. Letters: A Selection (= Aris and Phillips Classical Texts), Liverpool: Liverpool University Press 2023, XIII + 256 S., ISBN 978-1-80034-862-2, GBP 88,00
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Rezension von:
Cinzia Bearzot
Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano
Redaktionelle Betreuung:
Matthias Haake
Empfohlene Zitierweise:
Cinzia Bearzot: Rezension von: Giustina Monti (ed.): Alexander the Great. Letters: A Selection, Liverpool: Liverpool University Press 2023, in: sehepunkte 24 (2024), Nr. 9 [15.09.2024], URL: https://www.sehepunkte.de
/2024/09/38572.html


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Giustina Monti (ed.): Alexander the Great

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Con questo volume, G. Monti presenta una raccolta di lettere attribuite ad Alessandro, corredata da un'introduzione e dalla traduzione con commento di 34 documenti. Si tratta della revisione di una tesi di dottorato e non propone una raccolta completa del materiale epistolare in questione, ma una selezione, basata su criteri presentati nella prefazione: sono state selezionate quasi tutte le lettere trasmesse da Plutarco (la fonte più interessata a questo tipo di documentazione, che utilizza anche per trasmettere una certa immagine di Alessandro), solo quelle considerate autentiche (tranne quella ad Aristotele, come esempio di falsificazione), e, per lo scambio epistolare con Dario, quanto trasmesso dai soli Arriano e Plutarco, ignorando altre versioni.

L'Autrice analizza le lettere considerando diverse questioni: le fonti tralatrici, l'autenticità, la numerosità, l'immagine del sovrano che trasmettono, le formule di apertura e il linguaggio, la ricezione. Molto spazio, forse troppo, è dato alla storia degli studi (che a me, come vedremo, pare prevalente rispetto ai risultati dell'analisi personale). Due sono le conclusioni principali che vengono anticipate nella prefazione: il ruolo di Carete come conservatore e tralatore delle lettere, grazie alla sua funzione di eisangheleus e grammatistes, e il processo di "persianizzazione" di Alessandro che le lettere sembrano mettere in evidenza, a partire dall'abolizione del chairein come formula di saluto (salvo il caso di Antipatro e di Focione, a detta di Carete F 10).

Per quanto concerne le fonti, tutte le lettere sono di tradizione indiretta e tarda: la sola fonte contemporanea che trasmette in parte il contenuto di una lettera è Carete, nel già ricordato F 10. La grande maggioranza è conservata in Plutarco, che le usa per sottolineare il cambiamento di Alessandro da vendicatore dei Greci a nuovo Gran Re e il suo avvicinamento agli usi orientali dopo l'incendio di Persepoli. Interessante, a questo proposito, la discussione sul ruolo della regina Atossa nell'organizzare la corrispondenza di corte, con l'analisi del F 178 di Ellanico. La collocazione in area orientale dell'abitudine a utilizzare una corrispondenza ufficiale non è certo irrilevante, ma, nel contesto della discussione, l'A. afferma che nel V e IV secolo "Greek historians did transmit letters, written also by Greeks, but which originated from the East and adopted an Eastern practice" (p. 35).

Se non fraintendo quanto l'Autrice afferma, devo ricordare che la storiografia dell'epoca qui evocata contiene diverse lettere attribuite a Greci che non hanno nulla a che fare con l'Oriente: penso, a solo titolo d'esempio, alla lettera di Nicia agli Ateniesi per chiedere di essere sostituito in Sicilia, trascritta da Thuc. VII, 11-15, e alle lettere raccolte sempre da Tucidide nel libro VIII. Non mi sembra di vedere citato il volume L'uso dei documenti nella storiografia antica (Atti del Convegno, Gubbio 22-24 maggio 2001), Napoli 2003, che sarebbe stato molto utile per mettere a fuoco il tema delle lettere come documento storiografico.

L'Autrice valorizza molto il ruolo di Carete, eisangheleus e grammatistes di Alessandro, in merito alla conservazione del materiale epistolare del sovrano. Anche considerando il buon numero di lettere che si può attribuire con una certa sicurezza alla mediazione di Carete, forse avrebbe meritato maggiore considerazione anche il ruolo di Eumene di Cardia, grammateus basilikos, e di Diogneto di Eritre, suo successore e forse già suo collaboratore: a loro infatti sono attribuite le Efemeridi, che sono una possibile fonte contemporanea cui la tradizione poté attingere per il materiale epistolare. È opinione dell'Autrice che l'abitudine di tenere un archivio della corrispondenza sia di ispirazione persiana: pur senza voler negare questa influenza, faccio notare che una cancelleria reale, guidata proprio da Eumene, esisteva già sotto Filippo II.

Gli aspetti formali, pur importanti, non sono di facile valutazione dato che le lettere sono di tradizione indiretta e pongono in sostanza gli stessi problemi della storiografia in frammenti, come l'Autrice opportunamente nota. Un aspetto significativo è costituito dalla formula di saluto: secondo Carete, come si è ricordato, Alessandro abbandonò l'uso del chairein nella corrispondenza dopo aver sconfitto Dario, salvo che per Antipatro e Focione. L'Autrice accetta l'autenticità della corrispondenza con Focione, relativa ai doni che l'uomo politico avrebbe rifiutato, in contrasto con una mia vecchia ipotesi che la considerava un'invenzione a maggior gloria di Focione. La mia ipotesi era nata nel contesto dell'analisi di una tradizione storiografica su Focione molto tendenziosa in senso favorevole; avevo insomma adottato una chiave di lettura che può avermi condizionato, e su cui quindi non insisto. Mi sfugge però l'argomento utilizzato dall'Autrice, secondo la quale non si comprenderebbe perché questa tradizione distorta riguarderebbe solo Focione ed Antipatro e non altre persone vicine ad Alessandro, come Efestione, Aristotele o Olimpiade (p. 29). Io credo che l'argomento non regga, perché l'eventuale invenzione ha senso solo nell'ambito della tradizione filofocioniana, quella che aveva interesse a esaltare Focione, la sua incorruttibilità (tema peraltro ben presente in Plutarco) e la stima accordatagli da Alessandro.

Le lettere possono essere divise in due gruppi: quelle di carattere ufficiale, dai contenuti spesso propagandistici, e quelle di carattere privato. I destinatari sono diversi: dal re Dario ad Antipatro, da Olimpiade a vari amici e collaboratori, pedagoghi e medici. Prima di presentare la selezione di 34 lettere, l'Autrice si occupa ampiamente della storia degli studi, che non si può definire inutile ma che risulta forse un po' pedante, tanto più che ritorna ampiamente nel commento ai singoli documenti.

Il commento è in genere informato e si pone in modo sistematico i problemi dell'autenticità e della fonte di provenienza. Nel primo caso, va notato che, dato che la raccolta si presenta come una selezione di lettere in gran parte autentiche, l'autenticità è in un certo senso presupposta. Nel secondo, la fonte più probabile è individuata in Carete per gran parte delle lettere.

Solo qualche brevissima osservazione sulle singole lettere. Per F 1 (l'iscrizione dedicatoria per la battaglia del Granico), nonostante la variante testuale che parla di epistolé, non sono affatto sicura che si tratti di una lettera; forse esisteva una lettera di accompagnamento, ma a noi è pervenuta solo il testo dell'iscrizione. Per F 6, l'autenticità della lettera a Olimpiade sulla visita a Siwah è rivendicata sulla base del fatto che essa è reticente nei contenuti, cosa che l'opera di un falsario non sarebbe; concordo pienamente con l'adozione di questo criterio. Per FF 22-23, a proposito degli scambi con Focione, ho già espresso il mio parere: non insisto sulla falsità delle lettere ma neppure vedo argomenti cogenti a favore dell'autenticità, dato che la tradizione su Focione è piena di aneddoti costruiti per esaltarlo. Infine, per F 19, la lettera ad Olimpiade sulle sorgenti del Nilo, di cui ho avuto occasione di occuparmi in un articolo del 2011 dal titolo Royal Autobiography in Hellenistic Age, è considerata autentica sulla base di una serie di argomenti che condivido e che ancora una volta riguardano l'interesse di un eventuale falsario a redigere un testo di questo genere.

In sostanza, il lavoro è certamente interessante. Due mi sembrano i limiti principali. Il primo è che nel commento tende a prevalere lo status quaestionis; ci si aspetterebbe maggiore originalità. Il secondo è che la mancanza di completezza della raccolta, giustificata con l'apprezzamento accordato a Plutarco come fonte e con la volontà di riunire per lo più lettere autentiche, rende il lavoro solo parzialmente utile. Una raccolta completa avrebbe certamente consentito una valutazione più adeguata del materiale epistolare collegato con Alessandro e del suo valore e, forse, di chiarire alcuni problemi che restano in sospeso (l'esistenza o meno di una collezione, la relazione con le Efemeridi, i criteri per definire la falsità di un'epistola).

Cinzia Bearzot